Aborto volontario e salute mentale della donna
Tonino Cantelmi, Cristina Cacace
La gravidanza è un momento speciale nella vita di una donna ed è caratterizzata da un vissuto psichico ed emotivo molto particolare. Aspettare un bambino comporta un grande cambiamento maturativo, perché significa passare dal ruolo di figlia e di moglie o compagna al ruolo di madre. Questo processo è costellato da vissuti di gratificazione ed entusiasmo, ma inevitabilmente anche da sentimenti di angoscia. Inoltre, le speranze per il futuro, le conferme rispetto alla propria femminilità, il sentirsi realizzata come donna, l'accudimento precoce del feto, le aspettative del partner e dei familiari, sono tutti fattori che contribuiscono nel determinare una risposta emotiva complessa alla gravidanza e che hanno un ruolo cruciale nel ridefinire l'identità stessa della donna. Di conseguenza, l'interruzione di questo processo può causare una serie di problemi psicologici che, a seconda dei casi, possono sfociare in gravi disturbi mentali.
Una gravidanza può interrompersi a causa di un aborto procurato (i.v.g.) o di un aborto spontaneo. Per aborto si intende l'interruzione della gravidanza prima che il feto sia in grado di sopravvivere autonomamente dalla madre, cioè prima del 180° giorno di amenorrea.
L'aborto spontaneo è un evento che riguarda almeno il 15% delle gravidanze clinicamente riconosciute ed è un'esperienza spesso vissuta dalla donna in modo traumatico, sia sul piano fisico che su quello psichico. Esso si manifesta clinicamente con metrorragia e dolori addominali, durante i quali la placenta e il feto vengono espulsi contemporaneamente, in seguito all'azione delle contrazioni uterine. In genere, le donne che hanno un aborto spontaneo, pur presentando inizialmente uno stress mentale superiore, rispetto alle donne che hanno interrotto volontariamente la gravidanza, vanno incontro ad un miglioramento più veloce dei disturbi psicologici iniziali, rispetto a quelle che hanno abortito volontariamente. Dunque, la risposta psicologica, all'aborto spontaneo ed all'aborto volontario è diversa, ed è possibile attribuire questa differenza alle caratteristiche dei due tipi di aborto: infatti mentre l'aborto spontaneo è un evento improvviso ed involontario, l'aborto procurato prevede la responsabilità cosciente della madre.
L'aborto procurato nell'ordinamento italiano deve avvenire prima dei tre mesi dal presunto concepimento e può essere attuato se sussiste pericolo fisico o psichico per la salute della madre. L'i.v.g., dopo i primi 90 giorni, può essere praticata quando:
a) la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
La legge 194/78 all'art.6 prevede che, oltre il 90º giorno, non sono le accertate rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro a legittimare di per sé l' i.v.g., ma solo il grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna che tali accertate anomalie determinano.
Secondo stime recenti, nel mondo vengono praticati ogni anno circa 26 milioni di aborti. Tuttavia, sebbene sia un'esperienza frequente, lo studio delle conseguenze psichiche dell'i.v.g. è ancora oggi oggetto di diatriba. L'i.v.g. sfida qualunque forma di categorizzazione, infatti è una pratica che riguarda la morale, la religione, la politica, l'etica, la salute, il diritto giuridico e, non ultimi per importanza, i diritti umani.
Negli anni sono state svolte diverse ricerche che hanno cercato di individuare quali siano gli effetti dell'aborto sulla salute psichica della donna, tuttavia l'interpretazione dei dati spesso ha risentito della posizione culturale ed etica dell'autore. Si è pertanto verificata una situazione in cui gli studiosi favorevoli all' i.v.g. sostenevano che l'aborto procurato non è mai causa di disturbi mentali e che i disagi emotivi che le donne sperimentano dopo l' i.v.g. sono dovuti ad una fragilità psicologica precedente; mentre gli studiosi contrari all'interruzione volontaria di gravidanza, sostenevano che l'i.v.g. è sempre fonte di gravi disturbi mentali.[1]Fortunatamente, le ricerche svolte negli ultimi anni hanno studiato gli effetti dell'i.v.g. sulla salute mentale prescindendo da una particolare posizione etica e culturale e diversi studi hanno messo in evidenza il ruolo dell'aborto volontario nella patogenesi di disturbi psicopatologici.
Uno studio, svolto su donne che avevano abortito volontariamente, ha rilevato che 8 settimane dopo l' i.v.g. il 44% presentava disturbi mentali, il 36% disturbi del sonno, il 31% si era pentito e l'11% si era fatto prescrivere psicofarmaci dal proprio medico di famiglia. Un altro studio ha rilevato che le donne che abortiscono hanno una probabilità molto più alta, rispetto alle altre, di essere ricoverate successivamente in un reparto psichiatrico.
Scoprire di aspettare un bambino, quando questo avviene in condizioni poco favorevoli, può essere uno shock e rappresentare un momento molto critico nella vita di una donna.
La gravidanza, come la pubertà o la menopausa, è un periodo di crisi perché comporta profondi cambiamenti sia psicologici che fisici, con la differenza che, mentre nel caso della pubertà e della menopausa la donna dispone di un tempo abbastanza lungo per completare la maturazione psicologica relativa alla nuova condizione, nel caso della gravidanza il processo maturativo deve avvenire molto più velocemente. In generale, pubertà, gravidanza e menopausa, pur rappresentando dei momenti critici, favoriscono lo sviluppo di un'identità sana e ben integrata. La gravidanza dunque è di per sé un momento molto stressante che coinvolge tutte le aree della persona perché sono presenti cambiamenti endocrinologici, si riattivano antichi conflitti psicologici e si verifica una riorganizzazione della personalità, che consente alla donna di diventare anche madre. Tutti questi cambiamenti iniziano dal momento del concepimento, quindi molto prima che la donna sia in grado di scegliere se abortire o meno. Diverse ricerche hanno dimostrato che le donne sviluppano l'attaccamento emotivo verso il feto subito dopo il concepimento e questo processo, poiché è inconsapevole, avviene anche nelle donne che decidono di interrompere la gravidanza. A tal proposito, è stato riscontrato che il 20% delle donne che abortisce prova un grave stress emotivo simile a quello delle madri che soffrono per la morte del proprio figlio, con la differenza che i sensi di colpa associati alla volontarietà dell'i.v.g. possono ulteriormente complicare ed intralciare l'elaborazione del lutto.
Di conseguenza la scelta di portare a termine o meno la gravidanza è il frutto di giorni o settimane di riflessioni e determina uno stato di grande turbamento emotivo e cognitivo, che rende la donna estremamente vulnerabile a qualunque influenza, sia interna che esterna, che possa aiutarla a prendere la decisione. Tale vulnerabilità psicologica può portare a situazioni in cui genitori, partner, counselor o altre figure significative possono avere una grandissima influenza sulla decisione finale. Dunque, è possibile che la donna prenda una decisione che in realtà non corrisponde ad una scelta consapevole e che può provocare gravi sentimenti di rimpianto.
Il motivo che spinge la donna ad abortire ed il modo in cui viene presa la decisione hanno una grandissima influenza sulla risposta psicologica all' i.v.g.. Husfeldt (Husfeldt C., 1995) a tal proposito mette in evidenza un dato inquietante: se infatti il 44% delle donne esprime dubbi riguardo la decisione di abortire al momento della scoperta della gravidanza, il 30% continua ad avere dubbi al momento dell'i.v.g.. Incertezze e dubbi successivi sono stati riscontrati sia nelle donne che precedentemente erano contrarie all'aborto, sia in quelle che erano favorevoli, quindi malgrado l'atteggiamento favorevole riguardo l'i.v.g. in generale, le donne manifestano una disposizione negativa riguardo il proprio aborto. I sentimenti ambivalenti che precedono, accompagnano e seguono l'i.v.g. rappresentano un vissuto che viene riscontrato frequentemente nelle donne che abortiscono e sono dovuti a conflitti di natura personale, relazionale, morale e/o spirituale che influenzano la decisione. Sebbene l'ambivalenza sia un'esperienza comune, non deve essere sottovalutata perché è uno dei predittori più importanti per i disturbi psicologici dopo l'i.v.g.. Quando la donna decide per l' i.v.g. carica di sentimenti contrastanti difficilmente riesce ad avere piena consapevolezza della sua decisione e delle relative conseguenze e successivamente è molto probabile che viva l'aborto come una grave perdita che comporta dolore, sensi di colpa, rimpianto, rabbia[2] ed altre emozioni sgradevoli che possono sfociare in veri e propri disturbi psicologici. Ovviamente, gli effetti che l'i.v.g. ha sulle donne molto giovani possono essere anche più gravi rispetto a quelli riscontrati sulle donne adulte, perché le adolescenti dispongono di capacità cognitive meno mature.
Ma, in particolare, quali sono i fattori che aumentano il rischio di presentare disturbi mentali in seguito all'aborto volontario?
I fattori di rischio finora accertati sono:
1. difficoltà nel prendere la decisione, ambivalenza e dubbi irrisolti;
2. desideri conflittuali di maternità;
3. essere influenzati o obbligati;
4. decisione presa senza avere informazioni adeguate;
5. essere molto giovani;
6. presenza di problemi emotivi o psicologici;
7. assenza di un supporto sociale adeguato.
Disturbi mentali correlati all'I.V.G.
L'i.v.g. può avere conseguenze sia a breve che a lungo termine. Infatti, se subito dopo l'intervento la donna sperimenta una riduzione dei livelli di ansia, per il venir meno dell'elemento ansiogeno costituito dalla gravidanza indesiderata, nel lungo periodo, una percentuale consistente di donne manifesta gravi problemi psicologici, come ansia, Disturbo Post Traumatico da Stress, depressione, abuso di sostanze e suicidio. Inoltre, i disagi psichici causati dall' i.v.g. possono evolvere in un vissuto di dolore e di paura che comporta una serie di cambiamenti nei rapporti interpersonali e nelle relazioni sessuali, possono determinare l'incremento o l'inizio dell'assunzione di droghe ed alcol, cambiamenti del comportamento alimentare, isolamento sociale, perdita della stima di sé fino all'ideazione suicidaria ed ai tentativi di suicidio.
Uno studio recente ha riscontrato che più del 30% delle donne, un mese dopo l'i.v.g., manifesta livelli di ansia clinicamente significativi. L'ansia può manifestarsi in vari modi: attraverso tensione muscolare, vertigini, tachicardia, problemi gastrici, cefalea, paura del futuro, difficoltà di concentrazione e disturbi del sonno.
L'i.v.g. può rappresentare un evento estremamente traumatico. Questo aspetto potrebbe essere imputabile al fatto che la donna percepisce l'aborto come l'uccisione violenta del proprio bambino, cosicché la paura, l'ansia, il dolore e la colpa associati alla procedura dell'intervento si mescolano alla percezione di una morte violenta. Una ricerca svolta da Barnard (Barnard C.A., 1990) ha riscontrato che il 18.8% delle donne cinque anni dopo l'i.v.g. presenta tutti i sintomi principali del Disturbo Post Traumatico da Stress, il 46% delle donne manifesta sintomi da stress elevato quali disturbi del sonno, elevata reattività fisiologica e stati dissociativi durante i quali rivive l'esperienza di aborto, ed il 16.9% presenta ricordi ricorrenti ed intrusivi dell'evento, mentre il 23.4% presenta l'evitamento persistente degli stimoli associati all'aborto.
L'incidenza della depressione nelle donne che abortiscono una gravidanza indesiderata è superiore rispetto alle donne che la portano a termine. Secondo uno studio recente le donne che abortiscono la loro prima gravidanza incrementano del 65% le probabilità di ammalarsi di depressione, rispetto alle donne che la portano a termine e tale rischio tende ad aumentare al diminuire dell'età. I sintomi depressivi maggiormente riscontrati sono: umore triste, insonnia, difficoltà di concentrazione, disturbi sessuali e problemi relazionali con il partner, pensieri di suicidio, episodi di pianto improvviso ed incontrollato, perdita della stima di sé, perdita dell'appetito e perdita della motivazione. Dal 30 al 50% delle donne va incontro a problemi di natura sessuale, di breve o lunga durata, che iniziano subito dopo l'i.v.g. Essi comprendono: perdita del piacere nei rapporti sessuali, dolore, avversione verso il sesso o verso gli uomini in generale, o, al contrario, sviluppo di un comportamento sessuale promiscuo.
Lo stato di fragilità e di grave disagio psichico successivo all'i.v.g. oltretutto aumenta la messa in atto di una serie di comportamenti autodistruttivi come l'abuso di sostanze ed il suicidio.
Le donne, rispetto agli uomini tendono ad avere comportamenti autodistruttivi e quindi ad utilizzare alcol e droghe in seguito ad eventi specifici e particolarmente stressanti. L'i.v.g. è correlata ad un incremento del 6.1% dell'abuso di sostanze, che per lo più inizia entro tre anni dall'aborto. Le sostanze utilizzate sono di vari tipi e vengono impiegate o per alleviare lo stress, oppure per tenere lontane dalla consapevolezza le emozioni negative che erano state represse al momento dell'i.v.g.
Uno studio svolto nel 1986 dall'Università del Minnesota ha riscontrato che un'adolescente ha il 10% di probabilità in più di tentare il suicidio se ha abortito negli ultimi sei mesi, rispetto ad una coetanea che non ha abortito. Simili percentuali di rischio sono state riscontrate anche nelle donne adulte. Qualche volta il tentato suicidio dopo l'aborto è un atto impulsivo di disperazione, mentre altre volte può nascere da anni di repressione, depressione e perdita della stima di sé. È stato riscontrato che il 60% delle donne che presenta disturbi psicologici correlati all'aborto pensa di suicidarsi, il 28% tenta il suicidio, ed il 18% tenta il suicidio più di una volta, spesso diversi anni dopo l'evento.
L'aborto, dunque, può avere un impatto estremamente negativo sulla salute psichica. Tali disturbi possono manifestarsi anche diversi mesi o anni dopo l'evento, nell'anniversario della data dell'i.v.g. o dell'ipotetica data di nascita del bambino, oppure accade di frequente che vengano alla luce durante una successiva gravidanza.
Alla luce di queste considerazioni alcuni autori hanno definito questi disturbi sindrome post-abortiva i cui sintomi principali sono: (a) l'esposizione o la partecipazione ad una esperienza di aborto, che viene percepita come l'uccisione traumatica ed intenzionale di un bambino non ancora nato; (b) rivivere in modo negativo ed intrusivo l'evento dell'aborto; (c) sforzi infruttuosi di evitare o negare i ricordi dolorosi dell'aborto, che determinano una ridotta capacità di reagire al trauma; (d) altri sintomi associati che non erano presenti prima di abortire, inclusi sensi di colpa e la sensazione di essere sopravvissuti.
La medicina, attraverso l'introduzione della RU 486 (la pillola abortiva) sta cercando di rendere meno complessa la procedura burocratica per interrompere la gravidanza, riducendo al minimo i tempi di ospedalizzazione. Questa procedura prevede la somministrazione della RU 486, che blocca l'azione del progesterone, e 48 ore dopo la somministrazione di prostaglandina che provoca l'espulsione dell'embrione, che avviene circa 2 ore dopo. La donna si reca nella struttura sanitaria esclusivamente per assumere i farmaci, a meno che non ci siano eventuali complicanze mediche, e di conseguenza l'espulsione dell'embrione può avvenire anche a casa. L'accertamento dell'avvenuta interruzione di gravidanza viene effettuato due settimane dopo, al successivo controllo medico. Questa tecnica, al contrario dell'i.v.g., lascia la donna totalmente sola e la rende unica responsabile delle sue azioni, dunque, alla luce di quanto detto precedentemente è evidente che la RU 486 può provocare danni ancora maggiori sulla salute psichica.
Per superare i problemi psicologici correlati all'aborto procurato occorre senz'altro un aiuto terapeutico ma sarebbe opportuno avere una maggiore attenzione verso la tutela della salute mentale della donna ancor prima dell'intervento, attraverso una strategia di prevenzione che la accompagni durante la fase decisionale e che fornisca informazioni adeguate riguardo i rischi psicologici che derivano dall'interruzione volontaria di gravidanza.
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