Abstract
In quasi tutti i contesti socio-culturali, il suffisso “neuro” sta trovando largo impiego e successo per le finalità più svariate: dal vendere al convincere. Si parla già di neuro-mania, neuro-fobia e di neuro-filia. Le immagini di risonanza magnetica fanno già parte della cultura d’ogni giorno: termini come PET (tomografia ad emissione di positroni) o risonanza magnetica funzionale (fRMN) sono parte integrante della nostra memoria, li abbiamo uditi ed ascoltati ripetutamente per radio, in televisione, li abbiamo letti su Internet e in migliaia di reti sociali nelle circostanze più disparate.
In questo contesto di applicazione all’uomo delle tecnologie neuroscientifiche, come già dal 1970 con l’oncologo Potter si era costituita la “bioetica”, così è sorta in questi ultimi anni la pseudo-disciplina denominata Neuroetica o Neurobioetica che ha “festeggiato” lo scorso anno 2012, il suo 10° anniversario dalla “nascita”.