Abstract
Le attività mentali umane rappresentano la frontiera più avanzata e l’oggetto di ricerca più ambizioso dell’ibridazione tra biologia e tecnologia, quest’ultima innescata e guidata dalla cosiddetta tecnoscienza contemporanea . Da questo tipo di applicazioni tecnologiche emergono, allo stesso tempo, le più imponenti e affascinanti questioni etiche e antropologiche; probabilmente, esse costituiscono le tematiche più urgenti nell’ampia e affascinante discussione filosofica relativa alle neuroscienze e alla neurotecnologia, settori per molti aspetti ancora giovani eppure già altamente problematici. In particolare, i dibattiti sono concentrati sulle conseguenze etico-legali degli straordinari progressi registrati nella nostra conoscenza e nelle nostre possibilità pratiche connesse a quella che possiamo definire ‘neuro-tecno-scienza’ contemporanea.
Tali questioni si collocano senz’altro tra le più interessanti ai fini di una riflessione neuroetica e neurobioetica, chiamate come sono a elaborare nuovi paradigmi con lo scopo di pensare la crescente ibridazione tra uomo e tecnica, nonché la tendenza definibile ‘post-antropologica’ della cultura contemporanea .
Rinviando ad altra sede un approfondimento specifico delle questioni etiche e legali delle neuroscienze, si propongono in quanto segue alcune riflessioni sugli effetti dello scenario (post)antropologico emergente dalla (neuro)tecnoscienza contemporanea sulla medicina, intesa sia come disciplina sia come pratica clinica.