Abstract
L’ospedale è luogo di incontro tra esseri umani. Alcuni di questi sono in stato di necessità (fisica o psichica), altri hanno il compito di colmare tali carenze. La crescente materializzazione della società umana ha purtroppo sempre più preferito enfatizzarne l’aspetto puramente corporeo, dimenticando e facendo dimenticare, talora non senza secondi fini, la centralità della spiritualità e l’impellente necessità, spesso negata a priori, di recuperarne l’apporto nell’ottica del raggiungimento della salute nella sua integrità. Il sanitario cristiano, conoscendone il valore assoluto ed eterno, ha il dovere e il diritto (oggi così frequentemente ostacolato o addirittura negato) di agire e, soprattutto, di interagire con il paziente, essendo, per compito lavorativo ma ancor più per intima necessità e vocazione, specificamente chiamato alla cura della persona nel corpo e, contestualmente e con l’aiuto dei consacrati, nell’anima, la quale ne costituisce la parte più intima e preziosa. Ciò è ancor più impellente nella gestione dei malati giunti alla fine del loro percorso terreno. E’ necessario il recupero dell’annuncio (spesso si tratta di una vera e propria rievangelizzazione dei battezzati) di salvezza, possibile solo laddove si trovi una fede salda e sicura che non teme di manifestarsi. Unitamente al personale presbiteriale addetto al servizio ospedaliero è possibile gestire, col fondamentale aiuto della Grazia Sacramentale, l’intero percorso di ricongiunzione di ogni anima al Creatore.