Abstract
In Svizzera uccidere una persona su sua richiesta è un crimine punibile (Art. 114 del Codice penale), invece l’assistenza al suicidio è punita soltanto se è prestata per motivi egoistici (Art. 115). Questa norma legale è sfruttata dall’associazione Exit, attiva nella Svizzera tedesca, per offrire i suoi servizi a chi desidera suicidarsi; i servizi comprendono precise istruzioni per il suicidio. Exit – Associazione per una morte umana – è stata fondata nel 1982. Nel 1998 fu creata un’altra organizzazione per l’assistenza al suicidio: Dignitas – Vivere con dignità, morire con dignità. Grazie a queste due associazioni da vari anni il numero dei suicidi assistiti è aumentato in modo impressionante. Molti stranieri vengono in Svizzera per poter morire “dignitosamente”. Nell’edizione del 7 gennaio 2007 il giornale Sonntagszeitung ha reso pubblici vari casi di suicidi assistiti non così dignitosi come promette Dignitas. In alcuni casi l’agonia si è protratta per ore, in parte fra grandi sofferenze. I particolari riferiti dal giornale fanno accapponare la pelle. Si fa fatica a credere che chi presta aiuto al suicidio sia animato da puro spirito altruistico.
Nel redigere gli articoli 114 e 115 il legislatore non poteva immaginare la situazione odierna. È lecito chiedersi se le organizzazioni per il suicidio assistito non perseguano fini di lucro (esse percepiscono le quote sociali e accettano donazioni). Corrisponde ciò davvero alle intenzioni del legislatore? Se pensiamo che gli aspiranti al suicidio non sono sempre malati terminali senza alcuna speranza, ma talvolta semplicemente persone con problemi psichici, ci rendiamo conto dei gravissimi rischi del suicidio assistito. E quando una persona è deceduta viene a mancare il teste principale: non sapremo più i particolari della sua vicenda.
