Abstract
La sessualità è parte integrante della persona umana e ne caratterizza il suo pieno sviluppo. Nonostante i numerosi e impressionanti progressi nelle conoscenze scientifiche multidisciplinari in tema di sessualità sembra oggi paradossalmente aumentare, invece che dissolversi, il mistero che la contraddistingue: la ferita della persona prescindendo dall’eziologia oltrepassa, infatti, il semplice deficit di una funzione biologica a cui il pensiero comune sembra voler circoscrivere la sessualità. Il rischio, paventato in particolare dalla sociologia della salute a partire dai primi anni Settanta di considerare l’atto medico non più giustificato e finalizzato esclusivamente in presenza di un danno organico accertato, ma ritenuto lecito anche con finalità potenziative di funzioni apparentemente normali, sembra ormai divenuto realtà soprattutto nel campo delle disfunzioni sessuali, vere o presunte che siano. Questa deriva nel rapporto medico-paziente sollecita il recupero di un approccio personalista e neo-paternalista al paziente disorientato dalla sua condizione e dalle ansie che essa procura ma al contempo immerso nella dominante cultura occidentale in cui il benessere economico nutre e giustifica un diffuso edonismo e sta lentamente ma progressivamente modificando, in numerosi contesti medici, lo stesso rapporto con la salute e la malattia che da qualitativo-quantitativo e di benessere-felicità sta sostituendosi con quello di bisogni-desideri.